La generosità politica, Venezia, Rossetti, 1736

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Galleria che introduce alli appartamenti di Nicia, nel palazzo senatorio di Atene.
 
 NICIA sola e poi PERICLE
 
 Nicia
 Ombra del mio gran padre
 che sempre intorno al mesto cor t’aggiri
 e con voci dolenti
 bel desio di vendetta in sen m’inspiri,
5non temer di mia fé, riposa in pace;
 dalla man d’una figlia in brieve aspetta
 di tua barbara morte aspra vendetta.
 Ma vien Pericle. Idolo mio che rechi?
 Giace estinto il tiranno? Hai tu saputo
10meritar l’amor mio col giusto colpo?
 Pericle
 Non s’intraprese mai contro un tiranno
 periglioso disegno
 che facesse sperar più lieto fine.
 Il popolo d’Atene
15facilmente disposi al gran cimento.
 Il nemico cadrà.
 Nicia
                                 Dunque riserba
 desio di libertà l’antica patria?
 Del tirannico giogo
 scuoter anela il peso; e neghittosa
20quando meglio il potea vile nol fece?
 Pericle
 Non si conosce il mal se non si prova.
 Tutti uniti il mio cenno
 son pronti ad eseguire.
 Nicia
                                             Oronte ancora?
 Pericle
 È il miglior de’ miei fidi e in lui riserbo
25il segreto più grande. Io veggo un messo.
 Nicia
 Che mai sarà?
 Pericle
                              Noi lo saprem dal foglio. (Un paggio presenta un biglietto a Pericle. Legge il foglio)
 «Prima che cada il sole
 a me vieni Pericle; e teco sia
 Oronte; io deggio a voi
30alte cose svelar del mio pensiero.
 Pisistrato signor di questo impero».
 Cielo. Di’ che verrò. (Al messo che parte)
 Nicia
                                        Temo sventure.
 Pericle
 Chiamar con tanta fretta
 de’ congiurati i primi capi è segno
35che già tutto è palese.
 Nicia
                                          E che far pensi?
 Pericle
 A Pisistrato andar.
 Nicia
                                     Ah! Non vorrei...
 Pericle
 Vano è il timor. Se penetrò il disegno,
 non per questo il tiran potrà sfuggirlo.
 Scoprami suo nemico; e tal mi tema.
 Nicia
40Ahi, che del tuo periglio ancor pavento.
 Pericle
 Se a te servo morendo, io son contento.
 
    Deh non turbi il tuo bel ciglio
 il timor del mio periglio;
 sarà dolce la mia morte,
45se concede a me la sorte
 i tuoi torti vendicar.
 
    Basta sol per mio contento
 che tu voglia, ancor che spento,
 la tua fede a me serbar.
 
 SCENA II
 
 NICIA e poi ORONTE
 
 Nicia
50Proteggetelo voi numi sovrani
 tutelari di Grecia.
 Oronte
 Nicia già siam perduti,
 Pisistrato di noi chiede sdegnoso.
 Aggiunge messi a messi; io già pavento
55discoperta la trama.
 Ma Pericle dov’è?
 Nicia
                                   Partì poc’anzi.
 Oronte
 Che disse? Che pensò?
 Nicia
                                             Nulla si scosse.
 Pieno di bello ardire, andò cred’io
 in traccia tua.
 Oronte
                            Ma prima
60di vedere il tiranno,
 vo’ che fra noi si parli.
 Nicia
                                           Corri dunque...
 Oronte
 Già vo. Ma ti rammenta
 ch’amor...
 Nicia
                      Ah non parlare
 d’amor, pensa al periglio.
 Oronte
65Il perderti saria
 il periglio maggior dell’alma mia.
 
    Parto ma dimmi
 che m’ami almeno.
 Questa speranza
70vigor mi dà.
 
    Ma senza questa
 già vengo meno
 e mia costanza
 valor non ha.
 
 SCENA III
 
 NICIA sola
 
 Nicia
75O patria! O padre! O amore!
 Del mio povero core
 triplicato martoro!
 Ho la morte nel seno e pur non moro.
 
    Grida sangue il padre spento.
80Vuol vendetta il regno oppresso.
 Ma lo sposo in tal cimento
 non ho cor d’abbandonar.
 
    Se l’affetto mi consiglia,
 mi risponde il cor di figlia
85né so più cosa bramar.
 
 SCENA IV
 
 Appartamenti remoti di Pisistrato con sedie.
 
 PISISTRATO, PERICLE, ORONTE, guardie
 
 Pisistrato
 Parta ciascun fuorché Pericle e Oronte. (Partono le guardie)
 Sedete amici e se fia ver ch’Atene
 vanti ne’ cittadini alme sincere
 meco non simulate il vostro sdegno.
90Dacché di questo regno,
 frutto del mio valor, cinsi il diadema,
 mille torbidi cigli,
 mille labbra mordaci ascolto e miro;
 né la pace bramata ancor respiro.
95Voi che siete...
 Pericle
                              Noi siam di libertade
 difensori o custodi. Io non ti celo
 contro te l’odio mio, se tu mel chiedi,
 il più fiero nemico in me tu vedi.
 Oronte
 Ed Oronte abborrisce
100quel barbaro tiranno
 che impose alla sua patria empie catene.
 Così favella un cittadin d’Atene.
 Pisistrato
 Figli, basta così; voi mi sdegnate,
 vostro re, vostro duce altro non chiedo
105ch’esser vostro compagno.
 Dividiamo l’impero.
 Pericle
                                        Eh che non soffre
 questo nome tiran libera patria.
 Senza re, senza impero
 questa parte di Grecia e nacque e visse.
 Pisistrato
110Senza re, senza impero e senza legge
 visse Atene finor ma qual n’è il frutto?
 Gare ne’ cittadini,
 fasto ne’ grandi e negli abietti invidia,
 guerre civili e quotidiane straggi.
115Mirate ancor fumante
 questo vostro terren del vostro sangue.
 Dacché su questo trono
 siede un monarca a moderar l’orgoglio
 respirò questa patria. Oh voi felici
120se un regnante pietoso... Eh ben m’aveggo
 che abborite un tal nome
 e che più d’una eterna amica pace
 la sventurata libertà vi piace.
 Queste insegne regali
125che pongon freno alla volgar licenza,
 queste genti straniere
 che son vostra difesa avete in odio.
 Via, sarete contenti; ecco mi spoglio
 l’aurea corona e vi ridono il soglio. (Si cava la corona)
 Pericle
130(Resisti o cor).
 Oronte
                              (Quasi lo sdegno è vinto).
 Pericle
 Magnanimo signor quest’atto illustre
 memorabil sarà. Questa corona
 che alla patria suggetta
 oggi render tu vuoi...
 Pisistrato
                                         Pericle aspetta.
135Pria di depor questo real diadema
 che cotanto mi costa e sangue ed oro,
 voglio ancora una volta usarne almeno
 ma solo in vostro pro; indi vedrete
 qual era il re che ricusato avete. (S’alza e si ripone la corona)
140Olà. Popoli. Amici. (Entrano le guardie)
 Dell’armi vittoriose
 sia primo duce Oronte, in le sue mani
 stia il destino d’Atene e la mia vita.
 Oronte
 O degno eroe, tu mi vincesti alfine.
145Regna pure felice
 né temer che t’insidi Oronte il trono.
 Pisistrato
 Pericle un maggior dono
 a te già destinai. Tu sai che adoro
 in Nicia il mio tesoro.
150Invaghito di lei te pure io vedo.
 Onde vinco me stesso e te la cedo.
 Oronte
 (Numi che sento mai!)
 Pericle
                                             Sire sapesti
 superar l’odio mio con tua virtude.
 Troppo ingiusto saria togliere un regno
155a chi regnar nel mondo tutto è degno.
 Popoli a voi è noto
 del mio folle disegno il fine incauto;
 dell’inganno pentito
 a Pisistrato re la fede io giuro.
160Così ciascun di voi siegua il mio esempio.
 La catena d’un re giusto e clemente
 è soave così che non si sente.
 Pisistrato
 No no prendete pur...
 Pericle
                                          Cinga il tuo capo
 questo del tuo valor frutto ben degno.
 Oronte
165(Ho perduto il mio bene, ardo di sdegno).
 Pisistrato
 Ed Oronte non parla?
 Oronte
                                          I voti miei
 per te sono, o signor (a miglior tempo
 serbo la mia vendetta).
 Pisistrato
                                             Or sì che lieto
 amici io regnerò, poiché ricevo
170questo scettro da voi; non è felice
 chi coronata ha la cervice altera
 ma chi sul cor de’ cittadini impera.
 
    Va superbo il mar profondo,
 pien di fasto e pien d’orgoglio,
175urta il lido e batte il scoglio,
 senza legge e senza freno,
 perché van nel di lui seno
 mille fiumi a tributar.
 
    Indi grato il mare istesso,
180per tributi a lui sì cari,
 a quei fiumi tributari
 torna l’acque a ridonar.
 
 SCENA V
 
 PERICLE ed ORONTE
 
 Pericle
 Oronte, oh! come spesso
 nel suo folle pensier l’uomo s’inganna.
185Chi creduto averebbe
 del tiranno nel sen tanta pietade?
 Oronte
 Mal comprendi Pericle
 d’un labbro infido i simulati accenti.
 Pericle
 Ma i doni suoi...
 Oronte
                                 So che ti vinse il dono
190e di Nicia bastante il solo nome
 fu nel tuo seno a moderar lo sdegno.
 Pericle
 Come bastò nel tuo l’illustre incarco
 di primo duce.
 Oronte
                              Eh semplicetto, io finsi
 ma vendetta giurai
195ed ad uopo miglior la riserbai.
 Pericle
 Finga chi può. Chiudo nel petto un core
 ch’è incapace a mentir.
 Oronte
                                             Ma se di Nicia
 non t’avesse proposto il dolce nodo,
 parlaresti Pericle in altro modo.
 
 SCENA VI
 
 ROSMIRI e sudetti
 
 Rosmiri
200Oronte, e perché mai
 s’io non sono la rea, penare io deggio?
 Pisistrato è il tiranno,
 ei solo è il traditore,
 seco ho il sangue commun ma non il core.
 Pericle
205Torna lieta Rosmiri, il tuo germano
 traditore non è,
 io lo conosco, io stesso
 difenderollo ancor.
 Rosmiri
                                     Sian grazie ai numi.
 Dunque Oronte mia vita,
210non ti sarò più odiosa.
 Oronte
                                           Anzi giammai
 con maggiore costanza io non t’odiai.
 Rosmiri
 Per qual cagion?
 Oronte
                                 Dirla non deggio.
 Rosmiri
                                                                   Ingrato.
 Così disprezzi chi fedel t’adora!
 Oronte
 Della tua fedeltà nulla mi cale.
 Rosmiri
215Per te piango crudel, per te mi struggo.
 Guardami almen.
 Oronte
                                    Per non guardarti io fuggo. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 PERICLE e ROSMIRI
 
 Rosmiri
 Tu che amico gli sei, dimmi Pericle,
 perché Oronte mi sprezza?
 Pericle
                                                    Io non comprendo
 la cagion del suo sdegno.
 Rosmiri
                                               Ama egli forse
220qualche rara beltà? Deh non celarmi
 il mio crudo destin se tu lo sai.
 Pericle
 Ciò palese non m’è. Senti Rosmiri,
 ama e spera costante.
 Della sorte nemica
225soffri senza lagnarti il fier rigore.
 Verrà quel dì felice
 onde avrà la sua pace anche il tuo core.
 Rosmiri
 Questa vana lusinga
 è il solito velen che l’alme inganna;
230speriamo il bene e intanto il mal ci affanna.
 
    Il nocchier fra le tempeste
 spera sempre entrare in porto
 ma dall’onde alfine assorto
 è costretto a naufragar.
 
235   Se la pioggia inonda i campi,
 il pastor spera il sereno
 ma torrente gonfio e pieno
 porta il gregge infin al mar.
 
 SCENA VIII
 
 PERICLE, poi NICIA
 
 Pericle
 Io, che per prova intendo
240la fierezza d’amore,
 compatisco Rosmiri il tuo dolore.
 Vieni Nicia adorata.
 Già felici noi siamo;
 la mia sposa tu sei.
 Nicia
                                      Dunque il tiranno
245trafiggesti Pericle? Idolo mio
 così tosto eseguisti il mio comando?
 Dov’è l’esangue busto?
 Dov’è del padre mio l’empio uccisore?
 Vuo’ aprirgli il sen, vuo’ lacerargli il core.
 Pericle
250Nicia, frena lo sdegno; io non uccisi
 Pisistrato qual credi.
 Nicia
                                         E chi l’uccise?
 Pericle
 Sappi che vive e regna,
 e di regno e di vita oggi più degno.
 Mille di sua pietade
255prove mi diè; ceder voleva il trono;
 si levò la corona e a me la porse.
 Nicia
 Dunque...
 Pericle
                      Ma questo è il meno.
 Vinse la sua passion, vinse sé stesso.
 A me Nicia concesse,
260Nicia dell’alma sua parte più cara.
 La sua virtù per sì grand’atto è chiara.
 Nicia
 Va’, che un vile tu sei. Ti fe’ spavento
 il periglioso impegno.
 Pensasti a conseguirmi
265prima di meritarmi; io penso adesso
 di punir col mio sdegno un tanto eccesso.
 Pericle
 Ma se potiam le destre
 senza sangue versar stringer assieme,
 perché crudo così...
 Nicia
                                      Sparger quel sangue
270prima si deve, al padre mio dovuto;
 questo da te chiedeva
 il mio povero cor solo tributo.
 Pericle
 È ver, ma sua virtude
 vinse lo sdegno mio...
 Nicia
                                          Va’ dunque ingrato,
275siegui la sua virtù, lascia d’amarmi;
 anzi per esser giusto
 incomincia crudele oggi ad odiarmi.
 Pericle
 Ch’io t’odia? Ch’io non t’ami? Ah di’ più tosto
 che di viver io lasci.
 Nicia
                                       Io non mi curo
280del viver tuo né la tua morte io bramo.
 Pericle
 Dimmi, per qual cagion?
 Nicia
                                                Perché non t’amo.
 Pericle
 M’ingannasti tu allora
 che mi giurasti fé?
 Nicia
                                     Non t’ingannai.
 Ma più grato al mio core io ti sperai.
 Pericle
285Mirami a’ piedi tuoi.
 Nicia
                                         Sorgi mendace.
 Fuggi dagli occhi miei; se a vendicarmi
 non hai valor bastante,
 vile così non comparirmi innante.
 Pericle
 Tu mi vuoi traditor. Per compiacerti
290esserlo ancor dovrò. Bella tiranna,
 altra ragion che il tuo voler non vedo.
 Nicia
 M’ingannasti una volta, io non ti credo.
 Pericle
 Giuro ai numi superni
 tutelari di Grecia, il tuo nemico
295per mia mano cadrà.
 Nicia
                                         Del giuramento
 meco saran mallevadori i dei.
 Pericle
 Deh d’un guardo pietoso
 degnami almeno; all’amor mio costante
 dona, bella crudel, qualche mercede.
 Nicia
300Pensa per ora a mantener la fede.
 Va’, mi vendica e poi
 grata qual più mi vuoi
 sperami all’amor tuo; ma se m’inganni,
 saranno gli odii miei sempre tiranni. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 PERICLE solo
 
 Pericle
305Infelice Pericle a che t’astringe
 dura legge d’amor! Come potrai
 con Pisistrato, ingrato,
 ingannarlo, tradirlo! Ah no, più tosto...
 Ma il comando di Nicia!
310Ma il giuramento mio? Che fo? Che tento?
 Eh Pisistrato! Oh Nicia! Oh giuramento!
 
    Oppressa l’anima
 da mille affanni,
 il core lacero
315da più tiranni,
 più non so reggermi,
 pace non ho.
 
    Mostri che in Erebo
 vi tormentate,
320deh palesatemi
 dacché penate
 se un duolo simile
 vi penetrò.
 
 Fine dell’atto primo